[UPDATE – 14/11/2008: le effettive differenze tra le due versioni della proposta di legge Levi, che comunque arriva da lontano]

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[UPDATE – 17/11/2008] C’è un primo risultato: chiesto il ritiro del disegno di legge.

Parrebbe apparentemente un argomento off topic, almeno secondo il progetto di questo blog, ma a ben guardare non è così: ben nascosta tra le pieghe della “nuova” proposta di legge “ammazza-blogger” di Ricardo Franco Levi, il padre putativo del mitico cetriolone, si nasconde, oltre al resto, anche una piccola perla; che va segnalata IMHO, poichè spalanca le porte a futuri meravigliosi blog e portali, ampiamente candidati ad essere segnalati da MPB.

Con  la pubblicazione di questo post sul blog di Daniele Minotti e l’articolo a seguire di Luca Spinelli su Punto Informatico è ripartita fulminea l’onda lunga della blogger-protesta dopo gli illustri precedenti del defunto governo Prodi.

Argomento: nuova riforma della legge sull’editoria, obviously.

Rispetto alla versione precedente della proposta, l’ esplicita precisazione che la nuova normativa in materia di esercizio dell’attività editoriale non si applica  in alcuni specifici casi (vedi art. 8 ) e che quindi

sono esclusi dall’obbligo dell’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (il costituendo ROC) i soggetti che accedono alla rete internet o che operano sulla stessa in forme o con prodotti, quali i siti personali o a uso collettivo, che non costituiscono il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro

non convince proprio del tutto, soprattutto se si nota (vedi art. 6) che l’esercizio dell’attività editoriale è apparentemente contemplato in due sole forme:

a) esercizio in forma di impresa, implicitamente quindi per finalità lucrative (ma non necessariamente), essendo imprenditore “chi esercita professionalmente un’attività economica”, almeno secondo il nostro codice civile, art. 2082;

b) esercizio in forma non imprenditoriale (quindi non per professione) per finalità non lucrative; è chiaramente esplicitata la condizione, nel testo.

Col risultato che l’esercizio in forma NON imprenditoriale/professionale stretta, ma CON piccole finalità lucrative, ancorchè ridotte o marginali, magari limitate alla sola concessione di spazi propri a terzi (Google AdSense) e/o per la sola copertura dei costi vivi di hosting, non si capisce bene come si configurerebbe, non essendo apparentemente previsto tra i casi possibili di “esercizio dell’attività editoriale”.

Mentre è piuttosto evidente l’obbligo di registrazione anche per le eventuali “imprese sociali” senza fini di lucro.

Insomma, tanto per cambiare, un pastrocchione redatto da incompetenti di questioni della Rete.

Con (penoso) contorno di qualche posizione giornalistica mainstream che vorrebbe bacchettare in un sol colpo il “movimento” che nasce in questi giorni, reo di non leggere con attenzione, di non andare mai alla fonte, di non voler seguire una discussione istituzionale, capace solo di fare velocemente click su una petizione online per poi passare velocemente ad altro. Con l’aggravante (presunta) di aver taciuto

quando sono state discusse le norme sulla diffamazione dov’era in ballo il carcere per i giornalisti. Facile capire perché: “quelle riguardano il mainstream” si è pensato. Questa idea che ci sia una libertà dei giornalisti e una dei blogger è cieca e non vede il pericolo reale, che oggi sta in un “metodo” di decisione che sottrae ad ogni pubblico esame la decisione politica.

Che ‘sto inutile can can che sta nascendo

non è una gran botta di autorevolezza

e che poi

In realtà il nocciolo della faccenda qui sta in parte nel[la] rischio “diffamazione” e dall’altra nel rischio “soldi” – visto che il disegno di legge si occupa anche di “sistemare” un quadro di soggetti che potrebbero accedere a finanziamenti pubblici.

Ecco appunto… “piccola e trascurabile” questione quella dei “soldi” e sulla quale il maestro di autorevolezza blogger Zambardino opportunamente glissa veloce. Ma per ragioni di spazio eh, che sia ben chiaro.

Che tanto per diffamazione, in quanto blogger, imprenditori o meno, si può tutt’ora essere denunciati ed a prescindere da questa proposta di legge, come giustamente ed opportunamente fa notare Minotti.

Ma per fugare ogni dubbio, l’art. 8 comma 1 della proposta Levi esplicita comunque che:

L’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale sulla rete internet rileva anche ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.

Che oltre alla diffamazione contemplano anche quello di stampa clandestina (vedi casi recenti).

La “questione soldi” è comunque la vera oscenità del provvedimento, che da una parte vorrebbe definitivamente sancire l’uguaglianza di doveri e di responsabilità tra editoria elettronica e cartacea, ma dall’altra lasciare del tutto immutata la situazione circa i diritti, in particolare quelli di accesso ai contributi per il

Capo IV – SOSTEGNO ALLE IMPRESE, ALLA DIFFUSIONE DEI PRODOTTI EDITORIALI, AGLI INVESTIMENTI PER L’INNOVAZIONE E ALL’OCCUPAZIONE

Con qualche curiosa e del tutto casuale eccezione, naturalmente.

Nella proposta si parte con le (ipocrite) doverose premesse,

Al fine di promuovere il pluralismo dell’informazione… ecc. ecc. (art. 17)

e si prosegue poi con

Al fine di limitare la dipendenza dal sostegno pubblico e di assicurare parità di trattamento tra le diverse tipologie di soggetti beneficiari… ecc. ecc. (art. 20)

Nel complesso la questione “soldi” viene liquidata nell’ambito di una decina di articoli (art.17- art.27), ma l’art. 19 sgombra subito il campo da possibili equivoci ed infila dritti dritti, tra le condizioni per l’accesso al comma 1 punto e), i tradizionali pre-requisiti di diffusione e tiratura, con la sola esclusione delle

imprese di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b)

Per cui, contributi diretti a sostegno dell’editoria elettronica: 0.0 euro.

Alla faccia della parità di trattamento e del pluralismo dell’informazione !!

Ma ecco LA PERLA: chi sarebbero poi queste imprese “particolari” per le quali diffusione e tiratura non fanno invece alcun testo al fine del diritto di accesso ai contributi?

imprese editrici di giornali quotidiani e di periodici, anche sulla rete internet, che sono riconosciuti come propria espressione, limitatamente ad una sola testata e per esplicita menzione riportata nella testata stessa, da forze politiche che, nell’anno di riferimento dei contributi, hanno costruito il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o hanno almeno due membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia eletti nelle proprie liste.

Capita la finezza?

L’unica tipologia di editoria elettronica che valga la pena tutelare con contributi diretti, a garanzia del  “pluralismo dell’informazione”, è quella di partito.

Mentre l’art. 23 della proposta Levi rimanda a successivi provvedimenti governativi il contentino per l’editoria elettronica residua, purchè iscritta al ROC, in ragione di incentivi non meglio definiti e comunque con un massimo del 15% di credito di imposta per gli investimenti finalizzati all’innovazione, la Casta si preoccupa di ritagliarsi da subito ed anche qui uno spazio di ampi ed immotivati privilegi.

Quanto possa valere, nel concreto, il conquibus annuo è presto detto, se si legge con attenzione l’art. 20 al punto 1 comma a) e poi al punto 4:

un contributo annuo d’importo pari al 40 per cento dei costi, inclusi gli ammortamenti, relativi all’edizione della testata per la quale sono richiesti i contributi e comunque non superiore a 2,2 milioni di euro per ciascuna impresa;

Il contributo per le testate pubblicate sulla rete internet previsto per le imprese di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b), è corrisposto in alternativa a quello per la testata su supporto cartaceo ed è pari al 40 per cento dei costi sostenuti per l’edizione della testata.

Portali e blog di partito dai costi potenzialmente milionari insomma, ma sempre finanziati dalle nostre tasche, sia ben chiaro: che tanto è sufficiente istituire una newsletter a pagamento, ancorchè a diffusione nulla, e il gioco è presto fatto. Contributi garantiti.

Se poi si scende al comma b) e si legge l’entità dei contributi aggiuntivi correlati alla tiratura e non alla diffusione media effettiva dei quotidiani (anche di partito), il cerchio si chiude definitivamente.

Che l’articolo 19 comma e) chiarisce sin troppo bene i requisiti per l’accesso:

la testata abbia una diffusione pari ad almeno il 30 per cento della tiratura complessiva se testata a diffusione nazionale e ad almeno il 60 per cento se testata a diffusione locale.

Tale condizione non si applica alle imprese di cui all’articolo 18, comma 1, lettera b); (che poi son sempre quelle, le espressioni di partito).

Copie a migliaia tirate ed invendute, ma comunque corposamente finanziate: sono le distorsioni passate e presenti ben note e più volte denunciate (vedi Gabanelli-Report) e che naturalmente permangono allegramente immutate.

Difatti oltre alla copertura del 40% dei costi totali, sono previsti ulteriori

200.000 euro nell’ipotesi di tiratura netta media compresa tra le 10.001 e le 50.000 copie;

400.000 euro per ogni scaglione di 10.000 copie di tiratura netta media compresa tra le 50.001 e le 150.000 copie.

Potenzialmente sarebbero quindi ulteriori 4 milioni di euro, per tirature pari o superiori a 150.000 copie; di cui basterebbe comunque una diffusione media pari solamente ad un terzo, per quotidiani “a diffusione nazionale“.

Un “piccolo ma corposo regalino” per certa stampa mainstream di media e grande tiratura (e di partito), che sotto certe condizioni può così arrivare a coprire sino al 50% dei costi totali, in particolare se gli introiti pubblicitari si fermano al 20% dei ricavi totali; condizione non male in questi tempi di crisi.

E col minimo assicurato di copertura sino al 30% dei costi se i ricavi pubblicitari oscillano tra il 20% ed il 40% dei ricavi totali.

Ma sia chiaro che anche per gli altri periodici ci sono le opportune prebende.

Si arriva a

320.000 euro per tirature nette medie inferiori alle 10.000 copie e 500.000 euro per tirature nette medie eccedenti le 10.000 copie.

Non tralasciando poi tutto il capitolo delle agevolazioni per la spedizione di giornali quotidiani, periodici e libri (art. 22).

Ma per l’editoria elettronica, sia ben chiaro, “al fine di promuovere il pluralismo dell’ informazione” , 0.0 euro.

Questo trascurabile particolare l’autorevole giornalista-blogger-bacchettatore Zambardino V., dal suo blog-piedistallo di Repubblica.it si dimentica di scriverlo chiaramente: vai tu a capire il perchè.

In conclusione ci sono  tutti i presupposti perchè questa nuova release della proposta Levi, al pari del famoso logo cetriolone, raccolga

un consenso straordinario, aldilà di quanto è normalmente atteso in condizioni del genere.

Bravo Ricardo: io magari ci farei sopra una nuova ricerca di mercato.

[UPDATE – 14/11/2008]

P.S. 1 Sull’argomento conviene anche riascoltare i programmi di Bonaiuti e del dipartimento dell’editoria della Presidenza del Consiglio del maggio 2008, che (a parole) pensavano di dover necessariamente spingere su omogeneizzazione, convergenza, multimedialità ed Internet:

… adesso sarebbe velleitario pensare di mettere delle norme italiane che possano contrastare Internet… contrastare… comunque regolamentare Internet. Internet… assolutamente non si va a pensare… Internet è un fenomeno che va affrontato nell’alveo della normazione e della cooperazione internazionale.

P.S. 2 In questa versione della proposta di legge Levi (.pdf – 177 KB – licenza CC by-nc-sa di MPB) sono ben evidenziate tutte le differenze tra la precedente stesura (governo Prodi) e l’attuale (governo Berlusconi); nella sostanza  sono essenzialmente tre:

1) introduzione all’articolo 4 dell’obbligo di riconoscere i diritti d’autore per coloro che compilano rassegne stampa esterne od interne;

2) esclusione dell’obbligo di iscrizione al ROC per i siti personali o ad uso collettivo che non costituiscano il frutto di un’organizzazione imprenditoriale del lavoro (articolo 8 comma 3);

3) abbassamento dal 60% al 50% del massimale dei costi finanziabili da contributo per i quotidiani di partito (articolo 20 comma 2).

Per il resto l’attuale proposta è del tutto identica alla precedente (sic!).

REMEMBER 2007:
Qui son sei milioni di persone con due palle così… ma smettetela!

Non siete in grado di fare queste cose qua.
Queste cose non si devono fare più perchè adesso ci incazziamo veramente sul serio.
Voi non avete ancora capito che cos’è veramente la rete, chi c’è in rete.
Ci sono milioni di persone intelligenti, non trattateci come bambini stupidi…

http://www.beppegrillo.it/iniziative/freeblogger/

L’Italia dei Valori offrirà tutta l’assistenza legale a chi verrà perseguito per la sua violazione.
Questo disegno di legge è pura censura.

No all’ammazza-blog – Antonio Di Pietro

L’ opinione di Valentino Spataro di Civile.it

P.S. 3 Questa è la composizione della VII Commissione Cultura della Camera (45 membri) presso cui è in discussione il provvedimento. PDL + LEGA = 24 componenti; PD+IDV+UDC+MISTO = 21 componenti. Presidente è Valentina Aprea, fedelissima di Silvio (gli scrisse che se lo sognava anche di notte…). Tra i vicepresidenti una nostra vecchia conoscenza: Luigi Nicolais, ex-ministro dell’Innovazione, che ha dato il suo fondamentale contributo al fallimento del portale Italia.it .

Volti noti tra i componenti del PDL sono Renato Farina (Libero), Gabriella Carlucci(ex-soubrette), Manuela Di Centa (campionessa olimpica di fondo) e Antonio Palmieri (tra i relatori della Legge Stanca sull’accessibilità).

Fateci caso, 12 su 45 componenti sono giornalisti, direttori o ex-direttori di giornale (9 PDL, 1 UDC, 1 PD, 1 LEGA). Tra questi, ovviamente, c’è Ricardo Franco Levi.

A proposito… la “fissa” della registrazione dei siti internet per Paolo Bonaiuti, attuale sottosegretario all’informazione, comunicazione ed editoria e della nomina di un responsabile del sito per Mauro Masi, attuale capo-dipartimento editoria alla Presidenza del Consiglio, non sono esattamente una novità.

Il testo della proposta non è proprio tutta farina del sacco di Levi, arriva da lontano.

Maggiori dettagli sull’effettiva entità dei contributi all’editoria erogati negli anni passati si trovano QUI.

Il 19 novembre 2008, alle ore 9, è prevista un’audizione di Bonaiuti in Commissione Cultura sull’argomento.

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